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Per anni ho svolto questa amata professione principalmente in contesti di campagna. Oggi mi ritrovo quasi sempre in città. Lavorare in città è completamente diverso, ma non per questo è necessariamente più difficile o più facile. Il mio lavoro consiste nell’adattare il contesto al cane, non il cane al contesto. Pertanto, posso inventarmi tutti gli scenari possibili per ideare spazi di dialogo e apprendimento adeguati ai cani. Anche oggi posso lasciarmi aiutare da luoghi naturali, che di parchi Roma ne è piena, ma più di tutto mi aiuta il non etichettare. Per me uno “spazio sociale” non è necessariamente un luogo. È un’attesa, è un momento per respirare, è un angoletto tranquillo, è una pausa per riflettere, è la possibilità di osservare, è la libertà di esplorare, è ascoltare e ascoltarsi, è dialogo, è autonomia, è fiducia, è aspettare. È un modo di stare insieme che permette di restare sé stessi.
In molti casi, ciò che importa e che fa la differenza, è lo spazio generato dalle nostre consapevolezze, dal nostro modo di stare con l’altro e dal nostro modo di stare con noi stessi.
Nella foto Pino passeggia in città libero da qualsiasi tipo di guinzaglio, anche dai guinzagli mentali.
(Foto di Mauro Moretti)